La giunta si salva, ma sarà dissesto

La giunta si salva, ma sarà dissesto

Luigi Casentini

di Luigi Casentini

VIAREGGIO - Il day after del consiglio comunale che ha approvato il bilancio consuntivo 2013 - che indica con 53 milioni il disavanzo del Comune - presenta più ombre che luci sul futuro amministrativo della città.

La giunta ce l’ha fatta, la città no. Il giorno dopo il consiglio comunale che ha approvato – con un voto di scarto – il bilancio consuntivo 2013, la domanda che rimbalza da più parti è la medesima: e adesso? Le politica si è salvata, evitando un nuovo commissariamento dell’ente, ma i conti elencati dal ragioniere capo Santoro sono impietosi, e incompleti: 53 milioni di debito, destinati a salire chissà di quanto quando arriveranno i bilanci conclamati delle partecipate comunali. Inevitabile quindi la dichiarazione di dissesto del Comune, con conseguente invio di tre commissari da parte della Corte dei Conti, con l’incarico di risolvere la questione del bilancio regresso, lasciando alla politica il compito di portare avanti la vita della città, seppure senza la possibilità, o quasi, di spendere un euro. Tutto ciò considerando anche la questione dei numeri della maggioranza, che non può sicuramente governare contando solo su un voto di scarto. Sul tavolo del sindaco dunque la necessità di riuscire a ricucire gli strappi interni al centrosinistra, dopo che anche la consigliera Mei del PD – attaccata dal consigliere Favilla – ha lasciato l’aula al momento del voto, insieme alla minoranza e ai due consiglieri di SEL, la cui rottura con il sindaco appare sempre più insanabile. Tutto ciò va inserito all’interno di uno scenario cittadino in cui ad esempio, i lavoratori della Viareggio Patrimonio lunedì non hanno riscosso gli stipendi e il futuro della Fondazione Carnevale appare sempre più nebuloso, così come quello della Fondazione Festival Pucciniano. Si prospetta un ottobre bollente, come anticipato dall’assessore Bertoli. Da capire quanto sia forte la volontà politica di salvare il salvabile, più che le poltrone.