Organizzavano matrimoni “di comodo” per permessi di soggiorno: quattro arresti

Organizzavano matrimoni “di comodo” per permessi di soggiorno: quattro arresti

Lorenzo Bertolucci -

di Lorenzo Bertolucci -

LUCCA - E' stata denominata dalla polizia operazione "Promessi sposi", ma in confronto a quello di Renzo e Lucia i matrimoni combinati dall'organizzazione criminale smantellata dalla Squadra Mobile di Lucca andavano in porto con poche difficoltà.

 

Da una parte dei giovani kosovari che per ottenere il permesso di soggiorno europeo erano disposti a pagare 25/30.000 euro, dall’altra delle giovani donne sinti che per andare in Comune per sposarsi con perfetti sconosciuti intascavano 4/6.000. Sono quattro le persone finite agli arresti con l’accusa di associazione a delinquere favoreggiamento dell’immigrazione clandestina mediante la celebrazione di matrimoni fittizi. L’indagine coordinata dal sostituto procuratore Antonio Mariotti è partita grazie ad una segnalazione di un esperto del servizio centrale per la cooperazione internazionale della Criminalpol al lavoro in Kosovo. E in effetti era qui che Lulzim Gashi, 37 anni, kosovaro, e Olha Derevoriz, di 24 anni, ucraina, cercavano uomini disposti a pagare pur di rifarsi una vita in Europa. La strada più semplice era sposare una donna in Italia e poi chiedere il permesso di soggiorno in Svizzera dove c’è una numerosa comunità di kosovari. Le donne, tutte sinti, venivano reclutate tra Lucca e Prato da due italiane: Jennifer Monini, 27 anni, e Meghi Reinart, 33 anni. Le ragazze disponibili si presentavano così in Comune e senza nemmeno scambiare una parola con lo sposo, si univano in matrimonio; poi ognuno riprendeva la propria strada con i veri compagni di vita. La prima di queste unioni era stata celebrata a Lucca nel luglio del 2015, poi altri 9 tra Lucca e Capannori. Per le ragazze compiacenti e pagate dall’organizzazione criminale per sposarsi è scattata la denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in concorso. Nessuna accusa, invece, è stata mossa ai profughi kosovari, ritenuti vittime del sistema criminale.