di Antonio Amatulli, psicologo
Da che mondo e mondo, “litigare” è qualcosa che è capitato a tutti.
Che sia moglie e marito, genitore e figlio o che si litighi con i vicini, litigare è estremamente comune
Alcuni litigi sono tremendi, tanto da non voler vedere più quella persona. Altri sono dolorosi, ma sui quali riusciamo a metterci una pietra sopra.
Ma c’è un modo migliore rispetto ad un altro, per poter litigare? Un modo per litigare… BENE?
Sì, c’è. Non è la scelta più facile, perché è più facile dare sfogo alla rabbia e alla frustrazione di non sentirsi ascoltati, ma c’è.
Ma perché ci arrabbiamo?
La domanda può essere banale, proviamo comunque a dare una risposta: lo facciamo perché ci sentiamo in pericolo.
Non per forza un pericolo fisico, ma anche affettivo.
Spesso si litiga per come ci siamo sentiti non ascoltati e non presi in considerazione. Spesso ad accendere la miccia c’è la sensazione di non essere stati presi sul serio.
E quando litighiamo siamo tutti uguali? No, possiamo incontrare 3 modi diversi di litigare, da parte delle persone.
C’è l’attaccante, che è il più facile da riconoscere: sono quelle persone che da arrabbiate le peggiori cose possibili, magari non le credono, ma dicono tutto e il contrario di tutto, il suo obiettivo è che gli venga data ragione senza se e senza ma.
C’è l’irriducibile, che non è minimamente interessato a cambiare l’opinione del suo interlocutore, ma è deciso fino alla fine a mantenere la sua posizione, determinato a non cambiarla mai
Infine c’è l’accomodante, il suo modo di litigare è di rinunciare al suo punto di vista e di sposare quello altrui… solo per breve periodo. Fa così perché è l’unico modo che conosce per evitare il conflitto, ma prima o poi scoppierà. Sono quelle persone che trattengono, trattengono e poi scoppiano. E scoppiano perché hanno assecondato il volere dell’altro non perché concordano con lui, ma per evitare il rischio di far continuare la litigata.
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