di Antonio Amatulli, psicologo
Se c’è una cosa che nella nostra cultura è vista come una condanna, sono proprio gli sbagli.
O, per lo meno, io sono cresciuto con questa idea.
“Sbagliare è umano… ma perseverare è diabolico“, dice il detto.
Quindi da un lato viviamo l’idea che “sbagliare succede, ma – allo stesso tempo – se succede non va bene che succeda“.
Ora, qui nessuno vuole gioire per i propri errori e nemmeno lavarsene le mani, ma se c’è una cosa che personalmente mi ha proprio stancato personalmente negli anni, è proprio questa visione dello sbaglio, dove è vietato sbagliare, come se il giusto modo di vivere è quello di non sbagliare mai!
Eppure sappiamo chi è che non sbaglia mai: chi non fa. Ed è facile non sbagliare, così.
Vivere in questo modo non è bello. Ma soprattutto non è umano.
Siamo programmati ad esplorare il mondo e a sperimentare con esso. Le prove e gli errori sono fondamentali nella nostra crescita.
Nessuno sognerebbe mai di chiedere ad un bambino che ancora gattona, di imparare a camminare in una vita sola.
Idem per quando dovrebbe imparare ad andare in bicicletta.
E chiunque pratica uno sport lo sa bene quanto allenamento ci vuole per rendere i propri movimenti eleganti ed efficaci.
Quindi il fulcro per stare bene con i propri sbagli, non è fare in modo di non sbagliare più, quanto di imparare il più possibile dai essi, per evitare che si ripetano.
E se dovessero ripetersi, pazienza: capita di scivolare e di inciampare. Torniamo, piuttosto, su quello che è accaduto per domandarci quello che dobbiamo ancora imparare:
· “Cosa è successo, che mi ha fatto sbagliare?”
· “Di cosa avevo bisogno, per evitare lo sbaglio?”
· “Cosa voglio far succedere, al posto dello sbaglio? E di cosa ho bisogno per ottenerlo?”
Perché il latte versato è oramai versato. Impariamo a versarne il meno possibile in futuro.
E come dice un mio caro amico…
… Impariamo dai vecchi errori, così da farne di nuovi!