Padre e figlio si difendono: “Non è stato un gesto volontario”

Padre e figlio si difendono: “Non è stato un gesto volontario”

Federico Conti

di Federico Conti

VIAREGGIO - Non è stato un gesto volontario il doppio colpo sparato mercoledì pomeriggio al vigile del fuoco a Torre del Lago. Così padre e figlio hanno spiegato durante l’udienza di convalida avvenuta a meno di 48 ore dall’arresto per mano dei Nocs e della Polizia di Stato.

Adelmo Ragoni, 90 anni, ai domiciliari, sentito in presenza di fronte al Gip a Lucca. Il figlio 44enne Gianluigi, in videoconferenza dal carcere di Massa.

Difesi dall’avvocato Gianluigi Coletta, hanno risposto a tutte le domande dando praticamente la stessa versione dei fatti di quelle drammatiche nove ore di assedio in casa. Il giudice si è riservato per decidere se convalidare o meno le misure cautelare per entrambi. La decisione è attesa a breve.

Dunque, lo sparo sarebbe stato un gesto involontario. Una versione, quella resa ufficialmente, diametralmente opposta alle dichiarazioni che l’anziano Ragoni ha fatto ai cronisti dai domiciliari nelle ore scorse. Quando ha ammesso di aver sparato al vigile del fuoco, affermando che “sarebbe stato contento se lo avesse ammazzato” e che lo rifarebbe di nuovo. Gianluigi resta in carcere. Una storia difficile, da 17 anni è in carico ai servizi sanitari della Asl durante i quali ha subito circa 50 tso.

Agli investigatori per confermare chi abbia realmente sparato manca solo l’esito dello stub, il tampone sulle mani per verificare eventuali residui da sparo, eseguito su entrambi. Il tampone è stato inviato alla polizia scientifica da Firenze a Roma, e l’esito non arriverà prima di martedì.  I due devono rispondere dell’accusa di tentato omicidio in concorso e possesso illegale di armi.