Torre del Lago - Entusiasmo per la rappresentazione del Festival Puccini

L’aria della sera portava con sé un odore lieve di acqua e canneti, il lago di Puccini con la luna spettatrice, stava lì, silenziosa, come un vecchio amico in attesa. Poi, le luci si abbassano. E quella promessa si avvera. La regia di Manu Lalli accoglie lo spettatore come una mano gentile che conduce passo passo in una storia di amore ingenuo e di destino implacabile. Maria Agresta, nei panni di Cio-Cio-San, sembra fatta di seta e acciaio allo stesso tempo: la sua voce culla e trafigge, si piega alla dolcezza e poi si alza in grido, ferma e disperata. Il giovane Vincenzo Costanzo, l’americano Pinkerton dal fascino inquieto, canta con sfumature che fanno intuire tanto seduzione quanto fragilità. A sorprendere è anche Sharpless: Luca Micheletti, che viene dal teatro di prosa. La Suzuki di Chiara Mogini è un sussurro costante accanto alla protagonista, presenza fedele e discreta, così come il resto del cast, che tesse con cura il dramma fino alla sua esplosione finale. Poi, l’ultimo accordo. Silenzio. E in un battito di ciglia, il teatro intero esplode in dieci minuti di applausi, la platea in piedi, fiori lanciati sul palco. Tutte le interpreti femminili ricevono un bouquet… tutte tranne lei, la protagonista, rimasta a mani vuote nella concitazione del momento. Puccini, davanti al suo lago, è tornato a far battere i cuori come solo lui sa fare.